Zuretti
"Michail
Gorbaciov e il caos necessario
testimonianze, riflessioni e suggestioni sull’uomo della perestroika"
a cura di Laura Miani e Luigi Lusenti
Prospero Editore – Pagg. 295 – 18 euro
Saggio corale su un uomo solo al centro della Storia
Chi era davvero Michail Gorbaciov? Un idealista troppo occidentale
per il suo tempo? Un ingenuo riformatore inghiottito da un sistema non
riformabile? Oppure, come suggerisce il titolo del libro di Laura Miani e Luigi Lusenti, “il caos necessario”?
Questo saggio non fornisce una risposta univoca, e proprio per questo
risulta prezioso: attraverso una costellazione di testimonianze, ricordi
e analisi, gli autori disegnano il ritratto sfaccettato di un uomo che,
per un breve ma decisivo tratto di Storia, ha incarnato l’idea stessa
di cambiamento.
La parabola di Gorbaciov — folgorante e tragica — è racchiusa nei sei
anni che vanno dal 1985 al 1991: il tempo di sognare una nuova Unione
Sovietica e di assistere, impotente, al suo collasso. Miani e Lusenti
costruiscono il racconto affidandosi a una pluralità di voci: politici,
giornalisti, scrittori, testimoni diretti che hanno vissuto l’impatto di
glasnost e perestrojka sia dall’interno sia da quell’Occidente che, con
sorprendente rapidità, riconobbe in Gorbaciov “l’uomo nuovo”. Ricorderò solo alcuni nomi tra i trentadue intervistati, ( forse i
più conosciuti ma non per questo gli stessi sono stati latori di
interventi più interessanti rispetto agli altri): testimoni eccellenti
come Luciana Castellina, Roberto Escobar, Mariapia Garavaglia, Antonio
Polito, Maria Luisa Sangiorgio. Su questo punto va detto che nella
lettura ho potuto rilevare che tra gli altri testimoni molti tra loro
hanno rilasciato interviste assai articolate e di grande spessore.
Ma è proprio vero che a convincere furono le sue idee politiche? O fu
piuttosto la sua immagine, quella di un leader empatico, umano,
accompagnato da una moglie colta e presente, così diversa dalle figure
consorte fin lì viste a Mosca? Il libro esplora con sottigliezza questo
snodo, mostrando come i Gorbaciov, più ancora che riformare il sistema
sovietico, abbiano riscritto il modo in cui l’Occidente vedeva l’Urss.
La loro normalità apparente — lui che sorride, lei che legge Tolstoj —
divenne simbolo di una rivoluzione culturale, ancor prima che politica.
Eppure, questo saggio evita con intelligenza ogni nostalgia o
beatificazione. Gli intervistati, pur partendo da esperienze e
prospettive differenti, sono spesso in disaccordo tra loro. Alcuni
vedono in Gorbaciov l’uomo che ha aperto la strada alla libertà, altri
colui che ha ingenuamente disgregato un impero senza avere un piano. In
questo disaccordo risiede la forza del libro: il ritratto che ne emerge è
umano, contraddittorio, complesso. E proprio per questo vivo.
Il merito più grande di Miani e Lusenti è quello di far dialogare
passato e presente. Le domande poste sul Gorbaciov degli anni Ottanta
diventano lente attraverso cui osservare la Russia di oggi, l’ascesa di
Putin, il ritorno dell’autoritarismo. Che cosa resta della perestrojka
nel tempo della guerra e della propaganda? La figura di Gorbaciov, con
tutte le sue ombre e le sue speranze infrante, ci parla ancora. Come uno
specchio rotto in cui, frammentati, continuiamo a cercare il riflesso
del futuro.
Molto interessante la formula, già sperimentata da Lusenti con Fabio Sottocornola con Piazza Fontana 1969 – La perdita dell’innocenza,
che attraverso le decine di interviste rivolte a persone scelte senza
erigere steccati e barriere ideologiche, ci permette di apprezzare i
molti punti di vista.
Un libro da leggere lentamente, ascoltando le voci, confrontando gli
sguardi, per capire non solo chi fu Gorbaciov, ma chi siamo diventati
noi.
GIANNI ZURETTI
Saggio corale su un uomo solo al centro della Storia
Chi era davvero Michail Gorbaciov? Un idealista troppo occidentale
per il suo tempo? Un ingenuo riformatore inghiottito da un sistema non
riformabile? Oppure, come suggerisce il titolo del libro di Laura Miani e Luigi Lusenti, “il caos necessario”?
Questo saggio non fornisce una risposta univoca, e proprio per questo
risulta prezioso: attraverso una costellazione di testimonianze, ricordi
e analisi, gli autori disegnano il ritratto sfaccettato di un uomo che,
per un breve ma decisivo tratto di Storia, ha incarnato l’idea stessa
di cambiamento.
La parabola di Gorbaciov — folgorante e tragica — è racchiusa nei sei
anni che vanno dal 1985 al 1991: il tempo di sognare una nuova Unione
Sovietica e di assistere, impotente, al suo collasso. Miani e Lusenti
costruiscono il racconto affidandosi a una pluralità di voci: politici,
giornalisti, scrittori, testimoni diretti che hanno vissuto l’impatto di
glasnost e perestrojka sia dall’interno sia da quell’Occidente che, con
sorprendente rapidità, riconobbe in Gorbaciov “l’uomo nuovo”.
Ricorderò solo alcuni nomi tra i trentadue intervistati, ( forse i
più conosciuti ma non per questo gli stessi sono stati latori di
interventi più interessanti rispetto agli altri): testimoni eccellenti
come Luciana Castellina, Roberto Escobar, Mariapia Garavaglia, Antonio
Polito, Maria Luisa Sangiorgio. Su questo punto va detto che nella
lettura ho potuto rilevare che tra gli altri testimoni molti tra loro
hanno rilasciato interviste assai articolate e di grande spessore.
Ma è proprio vero che a convincere furono le sue idee politiche? O fu
piuttosto la sua immagine, quella di un leader empatico, umano,
accompagnato da una moglie colta e presente, così diversa dalle figure
consorte fin lì viste a Mosca? Il libro esplora con sottigliezza questo
snodo, mostrando come i Gorbaciov, più ancora che riformare il sistema
sovietico, abbiano riscritto il modo in cui l’Occidente vedeva l’Urss.
La loro normalità apparente — lui che sorride, lei che legge Tolstoj —
divenne simbolo di una rivoluzione culturale, ancor prima che politica.
Eppure, questo saggio evita con intelligenza ogni nostalgia o
beatificazione. Gli intervistati, pur partendo da esperienze e
prospettive differenti, sono spesso in disaccordo tra loro. Alcuni
vedono in Gorbaciov l’uomo che ha aperto la strada alla libertà, altri
colui che ha ingenuamente disgregato un impero senza avere un piano. In
questo disaccordo risiede la forza del libro: il ritratto che ne emerge è
umano, contraddittorio, complesso. E proprio per questo vivo.
Il merito più grande di Miani e Lusenti è quello di far dialogare
passato e presente. Le domande poste sul Gorbaciov degli anni Ottanta
diventano lente attraverso cui osservare la Russia di oggi, l’ascesa di
Putin, il ritorno dell’autoritarismo. Che cosa resta della perestrojka
nel tempo della guerra e della propaganda? La figura di Gorbaciov, con
tutte le sue ombre e le sue speranze infrante, ci parla ancora. Come uno
specchio rotto in cui, frammentati, continuiamo a cercare il riflesso
del futuro.
Molto interessante la formula, già sperimentata da Lusenti con Fabio Sottocornola con Piazza Fontana 1969 – La perdita dell’innocenza,
che attraverso le decine di interviste rivolte a persone scelte senza
erigere steccati e barriere ideologiche, ci permette di apprezzare i
molti punti di vista.
Un libro da leggere lentamente, ascoltando le voci, confrontando gli sguardi, per capire non solo chi fu Gorbaciov, ma chi siamo diventati noi.
Un libro da leggere lentamente, ascoltando le voci, confrontando gli sguardi, per capire non solo chi fu Gorbaciov, ma chi siamo diventati noi.
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Gli autori:
Laura Miani è nata nel 1959 a Milano. Europrogettista culturale, ha pubblicato: Gli ozi di Valun; La verità non ha colore. Aguzzini e vittime dell’apartheid testimoniano alla Commissione per la verità e la riconciliazione sudafricana (coautrice con Danilo Franchi); La collina Rompicollo. Antologia di poesie dalla rivista Kolaps di Mostar (curatrice con Nedim Cisic); Il diario dell’io e delle cose.
Luigi Lusenti è nato nel 1953 a Milano. Giornalista, ha collaborato con molti media anche esteri. Ha pubblicato: La soglia di Gorizia; State lasciando il settore americano; Vite da cantiere (con Paolo Pinardi); Una storia silenziosa, gli italiani che scelsero Tito; Colazione a Sarajevo; 12 dicembre 1969. La perdita dell’innocenza (con Fabio Sottocornola); Ritorni a piazza Slavija. Guida nostalgica di Belgrado.